Il Datore di lavoro può rilevare la temperatura corporea di dipendenti, fornitori, clienti all’ingresso della propria sede? E può rendere nota l’identità di un lavoratore contagiato ai colleghi?
Queste ed altre domande trovano risposta nelle Faq messe a punto dall’Autorità Garante per rispondere alle problematiche correlate alla protezione dei dati personali durante l’emergenza Coronavirus.
In particolare, il Garante ha chiarito, che la rilevazione in tempo reale della temperatura corporea associata all’identità dell’interessato costituisce un trattamento di dati personali (art. 4, par. 1 e 2 del Regolamento (UE) 2016/679) di cui è ammessa la registrazione solo nella circostanza del superamento della soglia stabilita e, comunque, quando sia necessario documentare le ragioni che hanno impedito l’accesso al luogo di lavoro (secondo il principio di “minimizzazione”).
Non è invece di regola necessario registrare la temperatura corporea rilevata a clienti, fornitori o visitatori neanche quando la temperatura superi la soglia indicata in quanto non è solitamente necessario registrare il dato relativo al divieto di accesso nei locali dell’azienda.
I Datori di lavoro possono inoltre chiedere la compilazione delle autodichiarazioni contenenti l’attestazione di non avere avuto contatti con soggetti risultati positivi al COVID-19 o di non provenire da zone a rischio secondo le indicazioni dell’OMS ai propri dipendenti ma anche a terzi.
E’ importante però che l’autodichiarazione raccolga solo i dati necessari e non informazioni aggiuntive in merito alla persona risultata positiva, alle specifiche località visitate o altri dettagli relativi alla sfera privata.
Il Garante ha inoltre ribadito l’importanza della figura del Medico Competente che deve provvedere a segnalare al Datore di Lavoro quei lavoratori che, a causa di particolari condizioni di fragilità correlate al loro stato di salute, sarebbe opportuno impiegare in ambiti meno esposti al rischio di contagio: in questo caso non è necessario che il Medico Competente comunichi al Datore di Lavoro la specifica patologia del lavoratore segnalato.
Nelle Faq il Garante precisa che la comunicazione di informazioni relative alla salute, sia all’esterno che all’interno dell’azienda, può avvenire esclusivamente qualora ciò sia previsto da disposizioni normative o disposto dalle autorità competenti in base a poteri normativamente attribuiti (es. esclusivamente per finalità di prevenzione dal contagio da Covid-19 e in caso di richiesta da parte dell’Autorità sanitaria per la ricostruzione della filiera degli eventuali “contatti stretti di un lavoratore risultato positivo): sulla base di quanto precisato quindi il Datore di lavoro non può ad esempio comunicare i nominativi dei dipendenti contagiati al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza o ad altri dipendenti.
Infine, l’Autorità Garante si sofferma sui test sierologici: il datore di Lavoro può richiedere l’effettuazione di test sierologici ai propri dipendenti ma solo se disposto dal Medico Competente.
Resta fermo che le informazioni relative alla diagnosi o all’anamnesi familiare del lavoratore non possono essere trattate dal Datore di lavoro (ad esempio, mediante la consultazione dei referti o degli esiti degli esami), salvi i casi espressamente previsti dalla legge. Il datore di lavoro può, invece, trattare i dati relativi al giudizio di idoneità alla mansione specifica e alle eventuali prescrizioni o limitazioni che il medico competente può stabilire come condizioni di lavoro.
Le Faq sono disponibili sul sito dell’Autorità www.garanteprivacy.it