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Ultime Notizie (5)

Venerdì, 24 Settembre 2021 00:52

Green Pass e lavoro

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Premessa

Il Decreto Legge approvato dal Consiglio dei Ministri del 16 settembre 2021 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 21/09/2021 (allegato alla presente), ha stabilito l’obbligatorietà del Green Pass per tutti i lavoratori del settore pubblico e privato che accedano in tutti i luoghi di lavoro (fabbriche, uffici, studi professionali ecc.).
Per tutti i lavoratori, sia pubblici che privati, tenuti al possesso e alla presentazione di valido green pass che non dovessero averlo è previsto che siano considerati assenti ingiustificati e non sia dovuta retribuzione per i giorni di assenza, mentre nelle imprese come meno di 15 dipendenti, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata per la durata corrispondente a quella del contratto di sostituzione (massimo 10 giorni rinnovabili per altri 10 giorni).

L’obbligo di ingresso sul luogo di lavoro con il Green Pass scatta dal 15 ottobre 2021 per tutti i dipendenti pubblici; tale obbligo è valido anche per chiunque svolga l’attività lavorativa nel settore privato, dove per accedere al posto di lavoro è necessario possedere ed esibire su richiesta la certificazione verde.

Il Green Pass diventa obbligatorio anche per chi svolge, a qualsiasi titolo la propria attività lavorativa (comprese le partite IVA ed i collaboratori familiari e domestici) o di formazione o di volontariato nella Pubblica Amministrazione o da Privati, anche con contratti esterni dovendo accedere ai luoghi di lavoro.

Si ricorda che l’obbligo di Green Pass non si applica ai soggetti esenti dalla campagna vaccinale in possesso di idonea certificazione medica.

Dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale sono attese le linee guida del Governo «per la omogenea definizione delle modalità organizzative».


Sospensione stipendio

Per i dipendenti della Pubblica Amministrazione senza la retribuzione verrà sospesa dal primo giorno in cui si presentano al lavoro senza certificazione verde. Non sono previste conseguenze disciplinari e si mantiene il diritto della conservazione del posto di lavoro. 

I dipendenti del settore privato che comunicheranno di non avere il Green Pass o che non saranno in grado di esibirlo all’accesso del luogo di lavoro saranno considerati assenti ingiustificati senza diritto alla retribuzione fino alla presentazione del certificato verde. Non sono previste conseguenze disciplinari e si mantiene il diritto alla conservazione del posto di lavoro. 

N.B. Per le imprese con meno di 15 dipendenti la sospensione dell’attività lavorativa può scattare dal quinto giorno di assenza ingiustificata e la durata può corrispondere a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione e comunque per un periodo non superiore a 10 giorni rinnovabili per altri 10 giorni e non oltre il termine del 31 dicembre 2021. 


Validità del Green Pass

Per le persone che hanno completato il ciclo vaccinale il certificato verde è valido un anno dalla data dell’ultima somministrazione, valida anche per il vaccino a dose unica J&J.

I guariti dal Covid non dovranno più attendere 15 giorni dalla prima dose di vaccino per avere il Green Pass, ma lo otterranno subito dopo la prima somministrazione. L’attesa di 15 giorni per ricevere il Green Pass rimane comunque per tutte le persone dalla data della prima somministrazione di vaccino.

La certificazione verde che arriva dopo un tampone molecolare o antigenico rapido negativo è valida 48 ore dall’ora di prelievo del tampone. Il Governo ha dato parere favorevole all’estensione a 72 ore della validità solo del tampone molecolare.

I datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti a verificare il rispetto degli obblighi di Green Pass per l’ingresso al lavoro. Il controllo viene effettuato anche sui soggetti che svolgono formazione o volontariato.
Entro il 15 ottobre, i datori di lavoro definiranno le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche, anche a campione, e individueranno con atto formale i soggetti incaricati dei controlli al momento dell’accesso al lavoro.


Consulenti e fornitori

Per i lavoratori che svolgano, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato nei luoghi di lavoro, anche sulla base di contratti esterni, la verifica sul rispetto delle prescrizioni, oltre che dal datore di lavoro committente, è effettuata anche dai rispettivi datori di lavoro.


Sanzioni

Sono previste sanzioni pecuniarie tra i 600 e 1.500 euro per i lavoratori sorpresi all’interno del posto di lavoro senza Green Pass. Restano ferme le conseguenze disciplinari previste dai diversi ordinamenti di appartenenza.

Per i datori di lavoro che non abbiano verificato il rispetto delle regole e che non abbiano predisposto le corrette modalità di verifica è prevista una sanzione da 400 a 1.000 euro.

Presentare una certificazione verde falsa costituisce frode, ad esempio contraffare o acquistare un certificato falso o mostrare la certificazione di un’altra persona. Chi falsifica la certificazione verde rischia di incorrere nel reato di falsità materiale commessa nel privato, la pena è dalla reclusione da sei mesi a tre anni, ridotta fino ad un terzo. Chi usa un pass falso senza aver preso parte alla contraffazione commette reato di uso di atto falso, ma le pene sono ulteriormente ridotte di un terzo.

Esibire un certificato verde di un’altra persona può far scattare il reato di sostituzione di persona, punito con la reclusione fino a un anno.


Il Decreto-Legge e il protocollo aziendale

I protocolli aziendali andranno aggiornati nelle sezioni relative alla gestione degli accessi di personale dipendente ed esterni.

Come ricordato in una nota dell’ANMA (Associazione Nazionale Medici d’Azienda e Competenti), «il rispetto delle misure stabilite dal c.d. Protocollo Condiviso del 6 aprile u.s. resta ad oggi l’ “arma istituzionale” efficace per contrastare il contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e nelle occasioni di lavoro. È bene ricordare - e il MC lo deve richiamare in Azienda - che, allo stato attuale, la possibilità di contagiare e di contagiarsi sussiste indipendentemente dalla condizione vaccinale e/o dal possesso del green pass. Il certificato verde non rappresenta una “misura di sicurezza” per il Datore di Lavoro, a meno che non derivi dal reiterato controllo ogni 48h tramite tampone, condizione che riteniamo perlopiù inattuabile».

Allo stato attuale rimangono quindi salde le disposizioni anticontagio fino ad ora previste dai protocolli condivisi e dai singoli protocolli aziendali come ad esempio:

  • Raccomandato massimo utilizzo, ove possibile, della modalità di lavoro agile (smartworking) o da remoto
  • Incentivate le ferie e i congedi retribuiti per i dipendenti nonché gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva
  • Utilizzo della mascherina in tutti gli ambienti di lavoro al chiuso e all’aperto con più di una persona
  • Rispetto del distanziamento interpersonale anche in aree break, mense aziendali, aree fumatori, spogliatoi
  • Frequente igienizzazione personale e dei locali e attrezzature.

In particolare le disposizioni contenute nel presente decreto-legge non si applicano ai lavoratori che non accedono a luoghi di lavoro (es. lavoratori in smartworking o lavoratori in ferie, congedo retribuito, o altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva).

Le disposizioni di cui al presente decreto-legge hanno validità fino al 31/12/2021.

 

 

 

Giovedì, 22 Luglio 2021 19:40

GDPR E COVID 19

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Il trattamento dei dati dei dipendenti relativi alla vaccinazione anti covid19

I dipendenti sono obbligati a comunicare al Datore di lavoro di aver fatto il vaccino anti-covid?  Il Datore di lavoro può richiedere i nominativi dei dipendenti vaccinati? In caso di vaccinazione effettuata nel luogo di lavoro, è consentito al Datore di lavoro raccogliere, informazioni relative ai propri dipendenti in merito alla vaccinazione?

A tutte queste domande ha dato risposta il Garante della privacy che ha proprio il compito, in questo contesto, di bilanciare la salute dei lavoratori e la tutela dei loro dati personali.

Il datore di lavoro può richiedere ai propri dipendenti di aver fatto il vaccino? NO

Il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti di dare informazioni o di fornire documentazione che attesti di aver effettuato il vaccino.

Tale comportamento da parte del datore di lavoro violerebbe infatti il diritto alla privacy dei dipendenti. Tale richiesta non può neppure essere effettuata nemmeno con l’espresso consenso dei lavoratori in quanto, in questo caso, il consenso non è una condizione di liceità consentita in ragione dell’evidente squilibrio di potere tra titolare del rapporto di lavoro e dipendente.

Il datore di lavoro può chiedere al medico competente i nominativi dei dipendenti vaccinati? NO

Secondo il Garante della privacy, il medico competente non può comunicare al Datore di lavoro i nominativi dei dipendenti vaccinati.

Solo il Medico Competente può infatti trattare i dati sanitari dei dipendenti nell’ambito della sorveglianza sanitaria e della verifica dell’idoneità alla mansione specifica (artt. 25, 39, comma 5, e 41, comma 4, d.lgs. n. 81/2008).

L’unica informazione che il Datore di lavoro può acquisire sono i giudizi di idoneità e le relative prescrizioni/limitazioni specifiche.

In caso di vaccinazione effettuata nel luogo di lavoro, è consentito al Datore di lavoro raccogliere, informazioni relative ai propri dipendenti in merito alla vaccinazione? NO

Nel documento di indirizzo allegato al Provvedimento n. 198 del 13 maggio 2021, il Garante precisa che non è consentito al datore di lavoro raccogliere, direttamente dai lavoratori o  tramite il medico compente o eventuali altri professionisti sanitari o strutture sanitarie, informazioni in merito a tutti gli aspetti relativi alla vaccinazione, ivi compresa l’intenzione o meno della lavoratrice e del lavoratore di aderire alla campagna, alla avvenuta somministrazione (o meno) del vaccino e ad altri dati relativi alle condizioni di salute del lavoratore.

Anche in questo caso, tenuto conto dello squilibrio del rapporto tra Datore di lavoro e dipendente, il consenso espresso dei dipendenti non può costituire un valido presupposto di liceità.

 

Domenica, 23 Maggio 2021 23:44

DECRETO RIAPERTURE

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Nella giornata del 17 maggio u.s. il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Mario Draghi e del Ministro della salute Roberto Speranza, ha approvato un decreto-legge che introduce misure urgenti relative all’emergenza epidemiologica da COVID-19.

In considerazione dell’andamento della curva epidemiologica e dello stato di attuazione del piano vaccinale, il testo modifica i parametri di ingresso nelle “zone colorate”, secondo criteri proposti dal Ministero della salute, in modo che assumano principale rilievo l’incidenza dei contagi rispetto alla popolazione complessiva nonché il tasso di occupazione dei posti letto in area medica e in terapia intensiva.

Inoltre, nelle “zone gialle” si prevedono rilevanti, ancorché graduali, modifiche:

dall’entrata in vigore del decreto, il divieto di spostamenti dovuti a motivi diversi da quelli di lavoro, necessità o salute, attualmente previsto dalle ore 22.00 alle 5.00, sarà ridotto di un’ora, rimanendo quindi valido dalle 23.00 alle 5.00. A partire dal 7 giugno 2021, sarà valido dalle ore 24.00 alle 5.00. Dal 21 giugno 2021 sarà completamente abolito;

dal 1° giugno sarà possibile consumare cibi e bevande all’interno dei locali anche oltre le 18.00, fino all’orario di chiusura previsto dalle norme sugli spostamenti;

dal 1° giugno all’aperto e dal 1° luglio al chiuso, sarà consentita la presenza di pubblico, nei limiti già previsti (25 per cento della capienza massima, con il limite di 1.000 persone all’aperto e 500 al chiuso), per tutte le competizioni o eventi sportivi (non solo a quelli di interesse nazionale);

dal 22 maggio, tutti gli esercizi presenti nei mercati, centri commerciali, gallerie e parchi commerciali potranno restare aperti anche nei giorni festivi e prefestivi;

dal 22 maggio sarà possibile riaprire gli impianti di risalita in montagna, nel rispetto delle linee guida di settore;

anticipata al 24 maggio, rispetto al 1° giugno, la riapertura delle palestre;

dal 15 giugno saranno possibili, anche al chiuso, le feste e i ricevimenti successivi a cerimonie civili o religiose, tramite uso della “certificazione verde”. Restano sospese le attività in sale da ballo, discoteche e simili, all’aperto o al chiuso;

parchi tematici e di divertimento potranno riaprire al pubblico dal 15 giugno, anziché dal 1° luglio;

dal 1° luglio potranno riaprire le piscine al chiuso, i centri natatori e i centri benessere, nel rispetto delle linee guide e dei protocolli;

dal 1° luglio sale giochi, sale scommesse, sale bingo e casinò potranno riaprire al pubblico;

tutte le attività di centri culturali, centri sociali e centri ricreativi saranno di nuovo possibili dal 1° luglio;

dal 1° luglio sarà nuovamente possibile tenere corsi di formazione pubblici e privati in presenza.

I 227mila infortuni sul lavoro denunciati all’Inail nel 2015 che hanno visto coinvolte le donne nelle tre gestioni principali – Industria e Servizi, Agricoltura e per conto dello Stato – sono stati pari a poco più di un terzo (35,7%) del totale (637mila) e hanno fatto registrare una flessione del 4,6% rispetto all’anno precedente, superiore a quella che ha interessato gli uomini (-3,6%). A queste denunce si aggiungono i 23 casi del settore Navigazione e i 623 della gestione autonoma casalinghe. Dall’analisi condotta dall’Inail alla vigilia dell’8 marzo emerge anche che le denunce d’infortunio con esito mortale delle lavoratrici sono state 110, lo stesso numero registrato nel 2014. Nessuna denuncia per eventi mortali ha riguardato invece il settore Navigazione, mentre tra le casalinghe ne sono state presentate cinque.

Sono il 52% della popolazione ma solo il 42% degli occupati. Secondo l’Istat, nel 2015 le donne rappresentavano il 52% della popolazione italiana con più di 15 anni, ma solo il 42% del totale degli occupati. Dopo la diminuzione del numero delle lavoratrici registrato nel 2013 (-1% rispetto al 2012), nel 2015 è proseguito il trend in lieve aumento già rilevato nel 2014 (+0,6%), con un incremento dello 0,5% su una popolazione di lavoratrici quantificata in circa 9,4 milioni.

Rispetto al 2011 anche meno casi mortali. Allargando il campo di osservazione al quinquennio 2011-2015, le denunce d’infortunio al femminile sono passate dai 271.306 casi del 2011 ai 227.111 del 2015 (-16,3%), a fronte di un limitato aumento (+1,3%) dell’occupazione femminile nello stesso arco di tempo. Anche in questo caso, però, le differenze di genere sono evidenti: il calo infortunistico, infatti, è stato più contenuto tra le lavoratrici rispetto a quello registrato nello stesso periodo tra i lavoratori (-25%). In flessione del 19,7% nel quinquennio è anche il numero delle denunce d’infortuni con esito mortale occorsi alle donne, passate dalle 137 del 2011 alle 110 del 2015. In questo caso, però, la diminuzione percentuale è stata più rilevante rispetto a quella registrata tra gli uomini (-8%).

Più della metà dei decessi nel tragitto casa-lavoro. Rispetto al numero complessivo delle denunce, la quota degli infortuni in itinere, avvenuti cioè nel tragitto casa-lavoro-casa, per le donne si conferma decisamente più elevata rispetto agli uomini, sia in valore assoluto (per il 2015 rispettivamente 49.721 casi contro 45.722) che in percentuale (21,9% contro 11,2%). L’incidenza del “rischio strada” sulle lavoratrici è ancora più marcata se si prendono in considerazione le denunce dei casi mortali: per le donne, sempre per l’anno 2015, più di un decesso su due (52,7%) è avvenuto in itinere, mentre tra gli uomini lo stesso rapporto è di circa uno su cinque (22,1%). Questo divario di genere si mantiene anche sommando le denunce dei casi mortali avvenuti in itinere e quelli in occasione di lavoro, entrambi con coinvolgimento di un mezzo di trasporto: tra le donne, infatti, quasi due decessi su tre (63,6%) sono legati al “rischio strada” rispetto al 38,8% degli uomini.

I dati provvisori del 2016 in controtendenza: +1,4%. Come emerge dai dati già diffusi dall’Inail nel canale Open data, i dati provvisori sulle denunce di infortunio presentate nel periodo gennaio-dicembre 2016, rilevati allo scorso 31 dicembre, confrontati con gli analoghi dati provvisori del 2015, rilevati al 31 dicembre dello stesso anno, fanno registrare un aumento dello 0,7% dei casi in complesso, più marcato per le donne (+1,4%), però, rispetto agli uomini (+0,3%). Per contro, si rileva una significativa diminuzione del 13,1% per gli eventi mortali, frutto di un calo più sostenuto tra i lavoratori (-14,1%) rispetto alla componente femminile (-3%).

Le malattie professionali. Le tecnopatie denunciate dalle lavoratrici nel 2015 sono state quasi 17mila, pari al 28,5% delle circa 59mila malattie professionali denunciate in totale. I dati complessivi, per entrambi i sessi, hanno confermato il trend in aumento degli ultimi anni, in controtendenza rispetto all’andamento decrescente degli infortuni sul lavoro: dalle 57.370 denunce del 2014, infatti, si è passati alle 58.917 del 2015 (+2,7%). Prendendo in considerazione solo le denunce delle lavoratrici, nel confronto con il 2014 si registra una sostanziale stabilità, con 16.795 casi protocollati nel 2015 rispetto ai 16.748 dei 12 mesi precedenti. Rispetto alle 14.217 denunce del 2011, invece, l’aumento è del 18,1%, più contenuto, comunque, di quello relativo ai casi di tecnopatie denunciati dai lavoratori maschi (+27,3%).

Nell’ultimo anno rilevata una riduzione dell’1%. I primi dati del 2016, se confrontati con quelli dell’anno precedente, rilevati al 31 dicembre 2015 per omogeneità di confronto, mostrano come nel complesso le denunce di malattia professionale protocollate per maschi e femmine siano aumentate del 2,3%, dalle 59mila del 2015 alle oltre 60mila nel 2016. In ottica di genere, è da sottolineare nel 2016 il calo del fenomeno per le donne: in controtendenza con i lavoratori, infatti, le denunce delle lavoratrici sono diminuite tra il 2015 e il 2016 dell’1%, da 16.817 a 16.653. Tra gli uomini, invece, si registra ancora un aumento del 3,6%, da 42.181 a 43.694.

Leggi il dossier completo qui

Mercoledì, 01 Marzo 2017 00:00

La sicurezza in ufficio: Parte 4

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Dopo i consigli su come evitare i disturbi connessi al lavoro col pc, in particolare quando si lavora da casa, ecco alcune indicazioni sulla tutela della salute e sicurezza nelle attività d’ufficio. Le misure comportamentali relative a cadute, urti, uso di attrezzature, gestione di stampanti e fotocopiatrici, utilizzo di scale portatili e archivi compatti. Le descrive il Quaderno informativo n. 16, “La Sicurezza in Ufficio” tratto dalla Collana “Cultura della sicurezza” dell’università La Sapienza di Roma.

In questo quarto articolo vediamo nel dettaglio i requisiti della postazione di lavoro.

Requisiti della postazione di lavoro:

Per “postazione di lavoro” si intende l'insieme che comprende i seguenti elementi: scrivania, sedile, PC, telefono, stampanti, fax, ecc

La postazione di lavoro:

La postazione di lavoro deve essere collocata, in modo da tener conto di superfici finestrate e di lampade o di superfici riflettenti che potrebbero creare fenomeni di riflesso o di abbagliamento diretto o indiretto, responsabili dell’affaticamento visivo.

In particolare si deve prestare attenzione a:

  • Piano di lavoro;

  • Il sedile;

  • Lo schienale;

  • Il poggiapiedi;

  • Lo schermo;

  • La tastiera;

  • Il mouse;

  • I documenti di lavoro;

La corretta postura al videoterminale:

Al fine di prevenire i disturbi all’apparato muscolo scheletrico occorre assumere una corretta postura quando si utilizza il VDT. Ecco, di seguito, alcune principali norme:

  1. Spalle rilassate e schiena dritta.

  2. Spazio del piano di lavoro davanti alla tastiera sufficiente a consentire l’appoggio di mani e avambracci (distanza della tastiera dal bordo della scrivania di circa 20 cm.).

  3. Schienale regolato in modo da fornire il corretto sostegno della zona dorso lombare.

  4. Altezza del piano di seduta che consenta il pieno appoggio a terra dei piedi.

  5. Eventuale pedana poggiapiedi.

  6. Gambe piegate in modo da formare un angolo di circa 90°.

  7. Parte superiore dello schermo all’altezza degli occhi e sguardo perpendicolare al monitor ad una distanza compresa tra i 50 e i 70 cm.

Uso del computer portatile:

L’impiego prolungato di computer portatili necessita della disponibilità di una tastiera e di un mouse o altro dispositivo di puntamento esterni, nonché di un idoneo supporto che consente il corretto posizionamento dello schermo.



Per vedere maggiori dettagli sulle caratteristiche delle postazioni di lavoro, scarica l’articolo completo cliccando qui oppure leggi il prossimo articolo sul nostro sito.

 

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